Nuove complicazioni e difficoltà sul sistema pensionistico italiano. A distanza di qualche settimana dall’allarme lanciato dal Fondo Monetario internazionale, che ha indicato come inevitabili futuri tagli alle pensioni, si aggiunge ora quello del gruppo assicurativo Mercer and Australian Centre for Financial Studies, l’istituto australiano di ricerche in campo finanziario. L’ACFS ha confrontato i sistemi pensionistici di 25 nazioni sulla base di 3 grandi parametri: adeguatezza delle erogazioni, sostenibilità dei flussi e integrità della normativa.
La macro-area “adeguatezza” riguarda il livello delle prestazioni, l’architettura dello schema previdenziale, i rendimenti degli investimenti e i risparmi privati; per “sostenibilità” viene intesa l’adesione a fondi di previdenza e pensione, oltre ad alcune evidenze macroeconomiche come il debito pubblico e la contribuzione; la macro-area “integrità” riflette il livello di fiducia che i cittadini ripongono nel sistema del loro paese e alcuni elementi normativi del rischio pensionistico.
Secondo quanto afferma Roberto Veronico, responsabile del settore pensionistico di Mercer Italia "è la sostenibilità di medio lungo periodo l'area dove il sistema pensionistico italiano risulta più debole [...] sebbene l'adeguatezza delle pensioni erogate oggi in Italia sia più che soddisfacente, il valore della macro-area di sostenibilità ci dice che questo in futuro può non essere più vero".
I risultati della ricerca inseriscono nella parte alta della classifica la Danimarca, seguita dall’Australia e dall’Olanda, mentre l’Italia occupa soltanto il 19° posto, quindi la parte molto bassa della classifica. I motivi principali per cui il nostro paese trova difficoltà a sostenere il peso delle pensioni sono da ricondurre alla scarsa adesione ai piani pensionistici privati, all’andamento del Pil, al tasso di disoccupazione in continua crescita e alla curva demografica, che vede la popolazione attiva italiana fra le più anziane dei 25 paesi in esame.
Le possibili azioni correttive suggerite da questa ricerca possono essere la riduzione dell’accesso ai benefit previdenziali prima del pensionamento, l'incentivazione allo sviluppo di piani pensioni privati, la revisione dei costi legati ai piani pensionistici e l’aumento di lavoro per chi è più vicino alla pensione. “Diciamo spesso - spiega Roberto Veronico - che le pensioni dei padri sono pagate dai figli. Peccato che i padri non abbiano fatto abbastanza figli e i figli siano poco occupati”.